Portella delle Ginestre

La fine del regime fascista aveva segnato la ripresa di un’antica consuetudine che aveva avuto inizio negli ultimi anni del 1800, quando i braccianti e i contadini poveri di Piana dei greci e san Giuseppe Jato convenivano il 1 maggio sul pianoro di Portella delle ginestre, per ascoltare le parole di uno degli antesignani del socialismo in Sicilia. Quel 1 maggio 1947 sarebbe stata una grande festa poiché si doveva celebrare la grande vittoria del ‘blocco popolare’ alle elezioni del 20 aprile 1947. Il bandito Giuliano (che, in rapporto col capomafia Calogero Vizzini e coi notabili dc, aveva appoggiato il movimento autonomista nella circoscrizione di Montelepre) aveva dato appuntamento agli uomini della sua banda ai Cippi, alle porte di Montelepre la sera del 30 aprile per redistribuire le armi e le munizioni.

Giuliano tenne un discorso per dire che iniziava la lotta contro i comunisti. I vari gruppi della banda presero posizione sulle alture circostanti e piazzarono le armi, tra le quali una mitragliatrice. Il piano prevedeva anche la cattura di Girolamo Li Causi e la sua fucilazione esemplare, ma egli non partecipò alla festa.

Era appena iniziato il pomeriggio, sul palco il calzolaio Giacomo Schirò, segretario della sezione Psi di san Giuseppe Iato stava per iniziare il suo discorso, quando il palco e la folla dei manifestanti furono investiti dalle raffiche dei mitra e della mitragliatrice. La sparatoria andò avanti per oltre dieci minuti, sul terreno rimasero undici morti, ventisette feriti gravi e altri venti feriti più leggeri.

Intermediario tra gli Oss-Usa e i gruppi anticomunisti in Italia era Earl Brennan, massone, ex capo della Secret intelligence che in Italia, durante il fascismo, teneva il contatto con il Grande oriente. Prima dello sbarco Usa in Sicilia, nel 1943, Brennan cominciò a reclutare siciliani mafiosi per costituire un gruppo delle Oss e preparare lo sbarco. Reclutò Max Corvo e Victor Anfuso, avvocato di Brooklin e dirigente del Partito democratico con Victor Scamporino, che iniziarono ad infiltrarsi in Sicilia. Il governo Usa e le Oss, che nel 1947 diventeranno la Cia, arruolarono la mafia nei servizi, rendendola strumento essenziale per il proprio intervento politico in Italia.

Earl Brennan incaricò le Oss di prendere contatti con Lucky Luciano, capo della mafia Usa tramite George White, capo della narcotici e maggiore delle Oss il quale disse a Luciano che, in cambio della sua libertà, avrebbe dovuto tornare in Sicilia ad organizzare la rete di sostegno Usa. Gli uomini di Brennan, inviati in Sicilia nel dopoguerra, presero contatti con Giuliano, al quale fecero giungere le armi della divisione Anders, formata da ufficiali polacchi col tramite delle Oss di Max Corvo. Armi che verranno usate da Giuliano nella strage di Portella delle ginestre.

Nel 1947, Giuliano riceverà ancora aiuti dalle Oss, poi Cia, per tramite di Frank Gigliotti, su disposizione del capo William Donovan.

Tra i mandanti della strage, venne indicato il principe Giovanni Alliata di Monreale, massone che passerà alla P2, mafioso, fascista. Alliata fu fautore della scissione della destra della massoneria italiana, che si raccolse in via Lombardia a Roma attorno al Supremo consiglio della Serenissima gran loggia degli Alam. Questa scissione rientrerà sotto il controllo della massoneria Usa, in Palazzo Giustiniani, nell’ambito della riunificazione della massoneria italiana voluta dalla massoneria Usa. Alliata, deputato monarchico, sostenitore di Tambroni, venne inquisito per il golpe Borghese e dal giudice Tamburrino nell’ambito della Rosa dei venti, essendo stato direttore del periodico Opinione pubblica, emanazione del movimento capeggiato dal gen.Nardella, inquisito per la Rosa dei venti. Alliata di Monreale fu anche patrocinatore del rientro dei fascisti nelle logge e del riavvicinamento con quelli già presenti, tramite Elio Sciubba, funzionario del ministero del Tesoro.

                             Portella, c’era chi sapeva

La strage di Portella  è stata preparata con cura. E non in totale segreto. Tant’è vero – e ormai questo è assodato – che tanti esponenti politici ne erano a conoscenza già nei giorni precedenti. Democristiani, comunisti e socialisti. E’ noto, infatti, che alcuni dirigenti politici che la mattina dell’1 maggio avrebbero dovuto trovarsi a Portella, guarda caso, non si fecero vedere.

Inutile andare a rivangare i nomi dei politici che quella mattina non si recarono a Portella delle Ginestre. A distanza di tutti questi anni non servirebbe a nulla. Ma due cose, lo ripetiamo, sono certe. Primo: la strage venne preparata con cura. Secondo: una parte del mondo politico sapeva che quella mattina, a Portella, sarebbe successo ‘qualcosa’.

C’è, poi, il ruolo degli americani. Che in quella fase storica svolgevano in Sicilia un ruolo centrale. Stavano costruendo gli ‘equilibri’, funzione diretta degli accordi di Yalta, che avrebbero retto fino alla caduta del muro di Berlino, cioè sino alla fine degli anni ‘80. E’ difficile che gli americani non abbiamo esercitato un certo ruolo nella strage. Bisognerebbe provare a capire per quale scopo. A questo cercheremo di dare una risposta esaminando gli altri due elementi: la mafia siciliana e la banda Giuliano.

Sul ruolo della mafia e della banda Giuliano nei fatti di Portella, una chiave di lettura la forniscono gli atti del processo di Viterbo. Sono documenti che andrebbero studiati attentamente. Perché la magistratura giudicante, quasi sempre, oltre alla verità processuale – che può essere opinabile – dà anche elementi che possono invece risultare, come in questo caso, oggettivi.

I colpi mortali (ma anche quelli che hanno provocato feriti) sparati a Portella delle Ginestre l’1 maggio del 1947 sono tutti radenti. In pratica, sono stati sparati da qualcuno che si trovava in mezzo alla folla, possibilmente nascosto. Non sono stati sparati da chi – come gli uomini della banda Giuliano – si trovavano sulle alture che sovrastano Portella delle Ginestre. Questo, molto semplicemente, significa che quella mattina ‘qualcuno’ spedisce la banda Giuliano a Portella per coprire un’operazione stragista. Nell’esaminare questo particolare – colpi radenti e non sparati dall’alto – i giudici di Viterbo parlano di “grave negligenza”, con riferimento a chi, ovviamente, ha tralasciato tale ‘dettaglio’.

Questo non assolve la banda Giuliano da altre responsabilità. Anche contro esponenti della sinistra che, in quei giorni, il bandito – forse spinto da ‘qualcuno’ – provava ad uccidere. C’è un rapporto diretto tra il ‘qualcuno’ che ha organizzato la strage di Portella e il ‘qualcuno’ che spingeva Giuliano a sparare contro i dirigenti della sinistra di quegli anni? In ogni caso, sui fatti di Portella delle Ginestre le responsabilità – e gli esecutori della strage – vanno cercati altrove. E qui il cerchio si chiude: americani e mafia.

Resta da capire perché è stata compiuta questa strage. Su un elemento non ci dovrebbero essere dubbi: quella di Portella è stata una strage per il ‘centrismo’. Nel momento in cui si decide di sparare a Portella, con molta probabilità, americani e mafia hanno già individuato nel sistema dei partiti allora nascente – e segnatamente nella Dc – l’interlocutore con cui trattare.

La storia – che in Italia non sempre è scritta bene – ci ha consegnato una strage di Portella pensata per intimidire il movimento della sinistra siciliana. Tesi vera solo in parte. E’ vera perché nel 1947, nel primo parlamento siciliano della nascente Autonomia, Pci e Psi avevano la maggioranza relativa. E’ vera solo in parte perché questa tesi non tiene conto di due elementi. Il primo elemento lo abbiamo già sottolineato: tanti esponenti della sinistra siciliana – del Pci e del Psi – sapevano che, quella mattina, sarebbe accaduto ‘qualcosa’. Magari non sapevano cosa di preciso: ma ‘qualcosa’ sapevano. Tant’è vero che, come già ricordato, non si presentarono a Portella. Questo è un fatto oggettivo che non può essere smentito.

Secondo elemento: in quel momento, in Sicilia, il sistema dei partiti, piuttosto fragile, doveva vedersela con un movimento di popolo che era, invece, organizzato e determinato: i separatisti. Sia chiaro: nel movimento separatista della Sicilia convivevano varie ‘anime’. C’era un separatismo agrario e reazionario che orbitava attorno a grandi proprietari terrieri. Alcuni di questi erano in buona fede, altri erano legati ad ambienti monarchici e neo fascisti. Poi c’era parte del separatismo legata direttamente ad ambienti neo-fascisti e, forse, anche a settori dei servizi segreti americani. Infine c’erano le ‘anime’ del vero separatismo, non legate ad alcun potentato: pensiamo ad Attilio Castrogiovanni, a Concetto Gallo e, soprattutto, ad Antonio Canepa  Teniamo fuori volutamente Andrea Finocchiaro Aprile perché il personaggio è, per alcuni versi, controverso.

 

                          Delegittimare il separatismo
Di fatto, la strage di Portella – le cui responsabilità, per lunghi anni, verranno ascritte ai separatisti e alla banda Giuliano – servirà ai partiti del cosiddetto ‘Arco Costituzionale’ per legittimarsi e, soprattutto, per delegittimare l’anima nobile del separatismo siciliano: che era, poi, quella che faceva più paura al sistema dei partiti. Canepa verrà ammazzato insieme a due suoi compagni nelle campagne di Randazzo in circostanze mai chiarite, mentre gli altri esponenti dell’anima nobile del separatismo – per esempio, Attilio Castrogiovanni e Concetto Gallo – vedranno svanire prima il sogno di una Sicilia libera e poi l’opportunità offerta alla Sicilia dalla ‘conquista’ dell’Autonomia, che i partiti dell’Arco Costituzionale ‘macineranno’ nel corso degli anni successivi, tradendo lo Statuto siciliano all’insegna del più bieco ‘ascarismo’ (non tutti i politici siciliani si venderanno a Roma per il classico piatto di lenticche: Giuseppe Alessi 

– di certo il più importante e serio esponente della storia dell’Autonomia siciliana – si dimetterà da presidente quando, alla fine degli anni ‘50, la Corte Costituzionale, con una sentenza truffaldina, ‘assorbirà’ le competenze dell’Alta Corte per la Sicilia, che, però, non verrà mai abrogata con una legge costituzionale).

Ma se le anime ‘nobili’ del separatismo siciliano verranno travolte, anche grazie a un uso strumentale della strage di Portella, le altre ‘anime’ meno nobili rimarranno vive e vegete, anche se sotto mentite spoglie. Gli agrari dopo una breve ‘sosta’ tra i monarchici, passeranno, armi e bagagli, nella Dc. Lo stesso faranno i mafiosi che si erano intrufolati sotto le bandiere separatiste: in buona parte proveranno a farsi spazio nella Dc, ricattando e costringendo al silenzio quei dirigenti della stessa Democrazia cristiana, legati a don Luigi Sturzo e ad Alessi, che si opponevano, spesso anche con determinazione, all’arrivo dei mafiosi (uno di questi, Pasquale Almerico, verrà ammazzato: ma non sarà l’unico).

La parte ‘nera’ del separatismo siciliano continuerà invece ad operare in un’area indefinita, talvolta politica, qualche altra volta in ambienti ‘strani’. Personaggi che appariranno e scomparirano in occasioni di fatti oscuri della storia della nostra Repubblica.

 

                            Il ruolo di Antonino Varvaro
Lo stemperarsi di questi separatisti – non proprio idealisti – nel sistema dei partiti non coinvolgerà soltanto la Dc. Ne ritroveremo, per lunghi anni, tracce in altri schieramenti politici. Un personaggio che è stato poco studiato – e che invece meriterebbe un capitolo a sé, proprio per il ruolo che ha esercitato negli anni bui subito successivi al secondo dopoguerra – è l’avvocato Antonino Varvaro, separatista e poi, per lunghi anni, esponente del Pci siciliano. Varvaro fu anche deputato regionale del gruppo comunista. Ma, ripetiamo, come tanti altri personaggi che proiettano la sinistra siciliana in storie non esattamente cristalline, non abbiamo, ancora oggi, grandi testimonianze. Reticenza, insomma.

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